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Ufficio di pubblica tutela

 

 

 

a - Quadro delle norme giuridiche di riferimento


b - Organizzazione dell’Ufficio e relative competenze

 

a - Quadro delle norme giuridiche di inquadramento degli istituti:

La capacità giuridica della persona fisica: L’uomo per il solo fatto della nascita (art. 1, comma 1, cod. civ.), acquista la capacità giuridica e, conseguentemente, diviene soggetto di diritto.
La capacità giuridica compete, dunque, indifferentemente a tutti gli uomini (per tali ovviamente intendendosi gli esseri umani, a prescindere da distinzioni di sesso). Siffatto principio – che può sembrare ovvio, essendo ormai stabilmente acquisito al nostro patrimonio culturale – costituisce, in realtà una conquista relativamente recente della civiltà giuridica occidentale.
L’art. 3 della nostra Costituzione repubblicana proclama oggi solennemente che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Capacità giuridica di diritto privato compete non solo al cittadino ma anche allo straniero: peraltro – dispone l’art. 16 disp. prel. al cod. civ. – con il limite del rispetto del c.d. “principio di reciprocità”.
Il riferimento al principio di reciprocità non compare però nel D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, laddove prevede che “allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle Convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti”.

La capacità di agire.
Con la nascita, la persona fisica acquista la capacità giuridica ma l’Ordinamento Giuridico richiede, affinché si possa compiere personalmente ed autonomamente atti di amministrazione dei propri interessi, che il soggetto abbia – oltre alla capacità giuridica – anche la capacità d’agire: per tale intendendosi l’idoneità a porre in essere in proprio atti negoziali destinati a produrre effetti nella sua sfera giuridica (c.d. capacità negoziale).
La capacità d’agire si acquista – come regola generale – al raggiungimento della maggiore età: cioè al compimento del 18° anno (art. 2, comma 1, cod. civ.).
Può peraltro accadere che, nonostante la maggiore età, la persona fisica si ritrovi, per le ragioni più diverse (ad es. malattia fisica o mentale, situazioni di disagio psichico), a non avere quella capacità di discernimento che è invece normale attendersi in un individuo adulto e maturo.
Di qui la necessità di apprestare, a protezione di detti soggetti, strumenti di salvaguardia contro il rischio che gli stessi possano porre in essere atti negoziali destinati ad incidere negativamente sui loro interessi (ad es. svendere la propria casa, fare acquisti sconsiderati, prestare denaro senza garanzie).

A “protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia”, il Codice Civile prevede i principali seguenti istituti:

a) della minore età;
b) dell’interdizione giudiziale;
c) dell’inabilitazione;
d) dell’emancipazione;
e) dell’amministrazione di sostegno.

La minore età La gestione del patrimonio del minore ed il compimento di ogni atto relativo competono, in via esclusiva, ai genitori:

- disgiuntamente, per quanto riguarda gli atti di ordinaria amministrazione e per tali s’intendono quelli che non comportano rischi per l’integrità del patrimonio: ad es. la riscossione del canone di locazione dell’appartamento di cui il minore è proprietario

- congiuntamente, con riferimento agli atti di straordinaria amministrazione e per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessaria la preventiva autorizzazione del giudice tutelare.

Se entrambi i genitori sono morti o per altra causa non possono esercitare la potestà, la gestione del patrimonio del minore e la relativa rappresentanza competono ad un tutore (art. 343, comma 1, cod. civ.), nominato dal giudice tutelare (nella persona designata dal genitore che per ultimo ha esercitato la potestà ovvero, in mancanza di siffatta designazione, scegliendolo preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini del minore: art. 348 cod. civ.).

Offrendo il tutore minori garanzie, rispetto ai genitori, in ordine all’esclusivo perseguimento degli interessi del minore, la legge richiede che lo stesso debba munirsi della preventiva autorizzazione del giudice tutelare per il compimento degli atti indicati dall’art. 374 cod. civ. e addirittura della preventiva autorizzazione del tribunale per il compimento degli atti di cui all’art. 375 cod. civ.

L’interdizione giudiziale
L’interdizione è pronunciata con sentenza dal Tribunale, quando ricorrono congiuntamente i seguenti presupposti:

a) infermità di mente;
b) abitualità di detta infermità (per tale s'intende un’infermità non transitoria);
c) incapacità del soggetto di provvedere ai propri interessi;
d) necessità di assicurare al soggetto un’adeguata protezione: sicché si potrà procedere all’interdizione solo allorquando risultino non idonei e sufficienti gli altri strumenti di protezione dell’incapace (ad es. l’amministrazione di sostegno).

Il procedimento di interdizione può essere promosso, di regola, dallo stesso interdicendo, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, ovvero dal pubblico ministero.

L’inabilitazione
L’inabilitazione è pronunciata con sentenza dal tribunale, allorquando ricorre alternativamente uno dei seguenti presupposti:

- infermità di mente non talmente grave da far luogo l’interdizione;
- prodigalità;
- abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti;
- sordomutismo o cecità.

L’inabilitato può autonomamente compiere gli atti di ordinaria amministrazione.

Per gli atti di straordinaria amministrazione necessita invece dell’assistenza del curatore nominato dal giudice tutelare.

L’emancipazione
Il minore ultrasedicenne, autorizzato dal Tribunale a contrarre matrimonio, con le nozze acquista automaticamente l’emancipazione così sottraendosi alla disciplina della minore età.
La condizione giuridica dell’emancipato è analoga a quella dell’inabilitato: può compiere autonomamente gli atti di ordinaria amministrazione, mentre per gli atti di straordinaria amministrazione necessita dell’assistenza di un curatore, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria.

L’amministratore di sostegno
L’amministratore di sostegno si ottiene con decreto motivato del giudice tutelare, allorquando ricorrono congiuntamente i seguenti presupposti (art. 404 cod. civ.):

a) infermità o menomazione fisica o psichica della persona;
b) impossibilità per il soggetto, a causa di detta infermità o menomazione, di provvedere ai propri interessi.

Occorre osservare che - rispetto ai presupposti per la pronuncia di interdizione - ai fini dell’apertura della procedura di amministrazione di sostegno:

- rileva non solo una infermità di mente ma anche una semplice menomazione psichica (per tale intendendosi quella situazione di disagio che non si traduce in una vera e propria malattia: si pensi ad es. all’anziano non affetto da demenza senile ma che vedrà però affievolite le proprie facoltà intellettive o la memoria);
- rileva non solo una infermità o menomazione psichica ma anche un’infermità o menomazione fisica (per tale intendendosi quella che, pur senza colpire la sfera intellettiva o volitiva, preclude l’espletamento delle funzioni della vita quotidiana: art. 1 della Legge 9 gennaio 2004, n. 6);
- rileva non solo un’infermità o menomazione abituale ma anche un’infermità o menomazione temporanea: tant’è che l’amministratore di sostegno può essere nominato a tempo determinato;
- rileva anche un’infermità che incida soltanto su taluni profili della personalità (es. schiavitù del gioco d’azzardo);
- rileva - esattamente come per l’interdizione – anche l’abituale infermità di mente, con l’avvertenza però che, di fronte ad una patologia che legittimerebbe sia una pronuncia di interdizione sia l’apertura di un’amministrazione di sostegno, la prima alternativa è praticabile solo allorquando lo strumento di protezione, costituito dall’amministrazione di sostegno risulti inidoneo ad assicurare adeguata protezione agli interessi dell’incapace (c.d. carattere residuale dell’interdizione).

Ciò comporta, ad es. che una medesima infermità psichica - che può legittimare l’interdizione di chi abbia vasti e complessi interessi - può giustificare invece solo l’amministrazione di sostegno del soggetto cui facciano capo interessi semplici e circoscritti (ad. es. la gestione ordinaria del reddito da pensione).

Il procedimento di amministrazione di sostegno può essere promosso dallo stesso beneficiario (anche se minore ultradiciassettenne, interdetto o inabilitato), dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o dal curatore, dal pubblico ministero, nonché dai responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura della persona (art. 406, comma 3 cod. civ.).
Mentre gli effetti dell’interdizione e dell’inabilitazione sono sostanzialmente predeterminati dalla Legge e, quindi, standardizzati, gli effetti dell’amministratore di sostegno sono determinati, volta a volta, dal provvedimento del giudice tutelare; che, per di più, in ogni momento, può modificare o integrare d’ufficio le decisioni assunte. Il giudice tutelare nomina, per l’interessato, un amministratore di sostegno nella persona designata dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità; ovvero in mancanza di tale designazione, scegliendolo preferibilmente, nella persona del coniuge non legalmente separato, della persona stabilmente convivente, del padre, della madre, del figlio, del fratello, della sorella, dei parenti entro il quarto grado.

Tenendo peraltro conto che la scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario (art. 408, comma 1, cod. civ.).

Il giudice tutelare, all’atto della nomina dell’amministratore di sostegno, indica, in relazione alla specificità della situazione ed alle esigenze del singolo soggetto amministrato:

a) gli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario;
b) gli atti cui l’amministratore di sostegno deve dare il proprio assenso, prestando così assistenza al beneficiario;
c) può disporre che determinati effetti che conseguono ex lege all’interdizione od all’inabilitazione si estendano anche al beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

Relativamente agli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana, nonché a tutti gli altri atti che il giudice non abbia espressamente indicato debbano essere posti in essere dall’amministratore di sostegno, il beneficiario conserva integra la capacità di agire.

 

b - Organizzazione dell'Ufficio consortile e competenze

In considerazione del quadro sopra esposto e del numero di cittadini soggetti a provvedimenti di interdizione, di inabilitazione o di assegnazione di un'amministrazione di sostegno, è stato costituito un ufficio di Pubblica tutela consortile.

L’Ufficio è coordinato da un responsabile con competenze giuridiche che si avvarrà della collaborazione degli altri Responsabili Consortili.

I servizi erogati sono i seguenti:

- apertura cartelle e procedure relative a tutele, curatele ed amministrazioni di sostegno, soprattutto con riferimento ai cittadini non abbienti o senza familiari (con la collaborazione dei Comuni Consorziati e delle Assistenti Sociali territoriali);

- servizio d’informazione che intende orientare, grazie a colloqui e documentazione, tutti i cittadini interessati ed, in particolare, i soggetti che già svolgono o intendono assumere l’ufficio di tutori, curatori od amministratori di sostegno senza conoscere norme, diritti, potenzialità degli istituti giuridici a sostegno dei soggetti deboli, nell’eccezione più ampia del termine: dal disabile anziano, dal minore a quello privo di autonomia;

- servizio di gestione delle tutele, curatele ed amministrazioni di sostegno affidate all’Amministrazione Consortile o comunale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sportello unico
socio-sanitario


Presentazione

Comuni


Comuni aderenti al Consorzio C.I.S.A. Ovest Ticino:

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Romentino
Sozzago
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